Conseguenze dell’erroneo inquadramento della censura (c.d. difetto di sussunzione)
“ Col secondo motivo il ricorrente lamenta (formalmente) il vizio di “omessa motivazione”.
Dall’illustrazione del motivo, tuttavia, emerge che egli abbia inteso prospettare il ben diverso vizio di omessa pronuncia (e quindi di nullità processuale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4).
Espone infatti il ricorrente che, con l’atto di citazione introduttivo del giudizio di opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di assegnazione, egli aveva formulato una domanda subordinata: aveva chiesto che il Tribunale, se avesse ritenuto impossibile assegnargli l’intero credito da lui preteso anche con l’atto di intervento, gli fosse almeno assegnato l’importo indicato nel pignoramento (Euro 35.476,81), aumentato della metà, così come prescritto dall’art. 546 c.p.c..
Deduce che su tale domanda subordinata il giudice di merito non si è pronunciato, e ciò costituirebbe una “omessa motivazione”.
2.2. Il motivo va qualificato d’ufficio come denuncia del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4.
E’ tale vizio, infatti, che ricorre quando il giudice ometta di pronunciarsi su una domanda o su una eccezione.
Il ben diverso vizio di omessa motivazione sussiste invece quando il giudice, pur provvedendo su una domanda o su una eccezione, non spieghi le ragioni per le quali l’abbia accolta o rigettata.
Questo errore nell’inquadramento della censura, tuttavia, non è di ostacolo all’esame del secondo motivo di ricorso.
Infatti, nel caso in cui il ricorrente incorra nel c.d. “vizio di sussunzione” (e cioè erri nell’inquadrare l’errore commesso dal giudice di merito in una delle cinque categorie previste dall’art. 360 c.p.c.), il ricorso non può per ciò solo dirsi inammissibile, quando dal complesso della motivazione adottata dal ricorrente sia chiaramente individuabile l’errore di cui si duole, come stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013).
E nel caso di specie, per quanto detto, l’illustrazione contenuta nelle pp. 31-32 del ricorso è sufficientemente chiara nel prospettare la violazione, da parte della Corte d’appello, dell’art. 112 c.p.c., e dunque il suddetto errore non è di per sè causa di inammissibilità del ricorso” (Cass. civile sez. III, 11/06/2019, n.15595).
L’arresto è sicuramente condivisibile nella totale estensione dei principi affermati, con la specificazione che non scatta la tagliola dell’inammissibilità per erronea sussunzione, soltanto se il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione: esponendosi, viceversa, a inammissibilità, allorché sostenga che la motivazione sia mancante, ovvero si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (in questo senso, ex permultis, Cass. 30.5.2019, n. 14762/19)
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