Inammissibilità del mezzo di ricorso contenente censure a … “strascico”

Ricorso per Cassazione

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Inammissibilità del mezzo di ricorso contenente censure a … “strascico”
La sovrapposizione, con riferimento alla medesima doglianza, di censure incompatibili, impinge in violazione del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4, che impone l’indicazione, a pena appunto di inammissibilità, de “i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano”.
Tale requisito comporta “l’esigenza di una chiara esposizione, nell’ambito del motivo, delle ragioni per le quali la censura sia stata formulata e del tenore della pronunzia caducatoria richiesta, onde consentire al giudice di legittimità di individuare la volontà del ricorrente e stabilire se egli abbia dedotto un vizio di legittimità sostanzialmente, ma inequivocamente, riconducibile ad alcuna delle tassative ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c.” (Cass. Sez. U. 24/07/2013, n. 17931).
La tipizzazione dei motivi di ricorso implica, infatti, che il generale requisito della specificità si moduli, in relazione all’impugnazione di legittimità, nel senso particolarmente rigoroso e pregnante, sintetizzato col sintagma della c.d. duplice specificità: è onere del ricorrente argomentare la sussunzione della censura formulata nella specifica previsione normativa alla stregua della tipologia dei motivi di ricorso tassativamente stabiliti dalla legge (Cass. Sez. U. 10/07/2017, n. 16990).
Quindi, ove nel mezzo di ricorso vengano mescolati asseriti vizi strutturali della motivazione e asserita inosservanza e/o erronea applicazione della legge sostanziale e processuale, la Cassazione non può che dichiarare inammissibile un mezzo di ricorso così congegnato, in quanto non è posta in condizione di cogliere, con certezza, le singole doglianze prospettate.
Leggendo molte sentenze di cassazione si ha agio di constatare come alla Corte pervengano, piuttosto di frequente, ricorsi caratterizzati dalla sovrapposizione di censure di diritto, sostanziali e processuali, frutto di una tecnica redazionale che non appare improprio definire “a strascico”, veicolanti, cioè, nello stesso mezzo, doglianze difficilmente sovrapponibili e cumulabili in riferimento al medesimo costrutto argomentativo che sorregge la sentenza impugnata.
Ecco, per finire, un esempio di motivo di ricorso dichiarato inammissibile, perchè contenente “censure a strascico”: “Con il primo motivo il ricorrente denuncia (si riporta testualmente dalla rubrica):”ERROR IN IUDICANDO: violazione e/o falsa applicazione degli  artt. 2, 3, 4, 29, 30, 32 e  35 Cost.;  artt. 1218, 1223, 1226, 2043, 2056, 2059 e  2697 c.c., e mancata applicazione dell’ art. 2729 c.c.; violazione del principio di personalizzazione e integralità nel ristoro del danno. Il tutto in relazione all’ art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
“ERROR IN PROCEDENDO, violazione degli  artt. 112, 113, 114, 115, 116 e  118 c.p.p., e  art. 132 c.p.p., commi 2 e 4, in relazione all’ art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
“OMESSO ESAME CIRCA UN FATTO DECISIVO, in relazione all’ art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5″.
Lamenta la mancata personalizzazione del danno non patrimoniale nelle tre diverse prospettive censorie sopra enunciate, così in sintesi illustrate:
– essa sarebbe frutto di un errore di diritto, poichè viola il principio di integralità del ristoro del danno;
– sarebbe altresì frutto della inosservanza sotto vari profili del dovere decisorio poichè: priva del tutto di motivazione; frutto di errato governo delle prove; inosservante dell’obbligo di decidere secondo diritto e/o equità; idonea anche a configurare vizio di omessa pronuncia essendo stata, la personalizzazione del danno, esplicitamente richiesta in primo grado e con l’atto d’appello;
– essa infine sarebbe conseguenza del mancato esame dei fatti allegati dall’appellante a sostegno della liquidazione del danno estetico, del danno alla vita di relazione e della sofferenza morale”.

 

 

 

 

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