E’ insindacabile, in sede di legittimità, il “peso probatorio” attribuito dal giudice di merito ad alcune testimonianze, rispetto ad altre.
Sono di esclusiva pertinenza del giudice del merito l’interpretazione e l’apprezzamento del materiale probatorio, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento, con la conseguenza che è insindacabile, in sede di legittimità, il “peso probatorio” di alcune testimonianze rispetto ad altre, mercè al quale il giudice di secondo grado sia pervenuto ad un giudizio, logicamente motivato, in ipotesi diverso da quello formulato dal primo giudice.
Infatti, ove dovesse appalesarsi un contrasto fra le dichiarazioni rese dai testimoni escussi, il giudice di merito è tenuto a confrontare le deposizioni raccolte ed a valutare la credibilità dei testi in base ad elementi soggettivi ed oggettivi, quali la loro qualità e vicinanza alle parti, l’intrinseca congruenza di dette dichiarazioni e la convergenza di queste con gli eventuali elementi di prova acquisiti, per poi esporre le ragioni che lo hanno portato a ritenere più attendibile una testimonianza rispetto all’altra o ad escludere la credibilità di entrambe.
Orbene, se il giudice di merito si conforma a tale metodo operativo, qualsivoglia censura nei confronti della scelta in concreto da quegli effettuata, veicolata in cassazione, sarebbe inammissibile, in quanto si risolverebbe in una critica all’apprezzamento di fatto, interdetta in sede di legittimità. (Conf., in motiv.ne, Cass. sez. II Civile, 2.8.2019, n. 20865)
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